Si chiama Silvia Bartalucci, è una psicologa “prodigio” che a ventidue anni farebbe gelare il sangue nelle vene a colleghi di ben più lunga esperienza; è bellissima, sorride sempre e stasera beve una bottiglia di vino con me; “meglio di così non poteva andare” direte voi… … e invece no! “E cosa sarai mai successo?” ,di nuovo direte voi, o forse non ve ne frega già più nulla… … In ogni caso è successo che tra una chiacchiera e un bicchiere di Chianti aromatizzato al sapone per i piatti perché il bicchiere non era stato lavato bene io commetto uno dei più grandi errori della mia vita e le domando:” cosa pensi dei social?”. Lei smette di sorridere e con sguardo furbetto ma serio mi risponde:”sono una delle prime cause di depressione nel mondo occidentale”. Chiedo una bottiglia d’acqua perché il vino aromatizzato al sapone fa davvero cagare e, mentre aspetto che me la portino, faccio un altro dei più grandi errori della mia vita e le domando:” che c’entra la depressione? Spiegami meglio.” Mi ha risposto così:
La depressione può senza meno essere definita la malattia del secolo e la prima causa di disabilità nel mondo; andando a ricercarne le cause non si può che valutare quanto la continua connessione universale possa influenzare e provocare il sopravvenire dei primi sintomi di questo male. La società ha intrapreso una strada senza possibilità di ritorno permettendosi di farci credere di avere il controllo sul mondo e facendocelo invece perdere completamente. I social media pur avendo sicuramente aspetti positivi, provocano sintomi di forte ansia e stress che sono alla base di problemi psicologici soprattutto tra gli adolescenti poiché essi ne fanno un uso più frequente considerando anche il fatto che, in quell’età, c’è in atto uno sviluppo neuropsicologico non ancora completo che comporta un mancato contatto autentico con la realtà. Piu che di depressione bisognerebbe parlare di disturbi depressivi poiché se da una parte si è convinti di essere compresi attraverso la condivisione di contenuti, dall’altra i social media portano ad un alienazione sociale ed ad una rappresentazione utopica dell’ambiente circostante. L’autostima, che è un valore che deve essere alimentato, viene spostato sulla valutazione di sé paragonata alla vita virtuale, spesso poco veritiera, degli altri. L’isolamento, la paura di sentirsi inferiori, e una perdita dell’autostima sono una serie di stati mentali che possono portare ad un disturbo depressivo che si manifesta con il continuo dover apparire piuttosto che dover essere senza contare il prezzo da pagare. Credo che alcune volte questi sintomi di disturbi siano una sorta di profezia che si avvera poiché, nascendo in una società malata, ci si identifica in essa fino ad autoconvincersi. Ecco però che le persone per mancanza di obbiettivi o per fragilità proprie la utilizzano come giustificazione ad un abbandono completo dello scorrere incessante del flusso delle cose senza mai prendere posizione. Ci aspettiamo sempre che tutti si aspettino qualcosa da noi, ma se tutti stiamo aspettando chi è che fa qualcosa? Gli esseri umani sono creature sociali che nascono e si formano attraverso la relazione con gli altri ma la società cresce e si sviluppa prendendo in considerazione solo più aspetti strettamente economici tralasciando tutto il resto. La natura, però, l’essenza dell’uomo, rimane ancora profondamente romantica ed in questa società in cui i rapporti sociali si sgretolano come cenere, il nostro corpo non cede. Ed ecco che ad oggi gli ormoni che stimolano l’euforia e diminuiscono lo stress vengono rilasciati solo quando siamo in contatto con il mondo esterno e per quanto i contenuti digitali possano intrattenerci, farci ridere e quasi emozionare, non saranno mai paragonabili ad una pizza mangiata chiacchierando difronte al mare. In un mondo quasi del tutto finto e superficiale, credo che la depressione sia forse solamente un aspetto circostanziale di una società malata di un male degenerativo, come quando giocando a mettere insieme un puzzle, un pò annoiati e distratti, ne perdiamo i pezzi ma cerchiamo di completarlo ugualmente.
Mentre finisce di parlare io sono un po’ arrabbiato perchè l’acqua è arrivata ma anche il secondo bicchiere non era stato sciacquato bene e ora il sapone fa anche le bollicine e, mentre prende forma in me il dubbio amletico su perché in questo posto non cambino questa cazzo di lavastoviglie, ragiono su quello che mi ha detto e penso che, anche se forse ci è andata giù un po’ pesante, non ha torto e che questi mondi virtuali stanno davvero cercando di sostituirsi a quelli della vita reale ed è un pessimo presagio! Ora però è troppo tardi per mettersi a ragionare su questi fatti; voi comunque fate attenzione a non regalare la vostra vita a un social o ad un mondo che non esiste perché perdereste di vista il fatto che nel mondo reale potrebbe essere meravigliosa! Noi, per non sbagliare, ordiniamo un altro Chianti, lo beviamo dalla bottiglia e vaffanculo alla depressione, ai mondi virtuali e alla lavastoviglie!!
Giulio Borgognoni